Crollo dei regimi nazionalistici, “guerra fredda” e motivi economici agli inizi del processo di integrazione europea
Argomento dell’esame di stato 2005
DOCUMENTI
«Era ovunque assai forte [nella seconda metà degli anni Quaranta del sec. XX] la repulsione contro il nazionalismo - il proprio non meno che quello degli altri - che tanti mali aveva prodotto...Affermazioni europeiste, più o meno precise, apparvero quindi con frequenza crescente nelle dichiarazioni programmatiche di molti partiti e governi. Questa diffusione non fu tuttavia uguale in tutti i paesi e in tutti i partiti dell’Europa occidentale. Ebbe un terreno più favorevole nelle nazioni che avevano avuto l’esperienza dell’umiliazione totale dei loro Stati, e che necessariamente riponevano una assai minor fiducia nella restaurazione delle tradizionali sovranità nazionali. L’europeismo si diffuse con relativa facilità, come si può ben comprendere, in Germania e in Italia, che dal loro sfrenato nazionalismo avevano raccolto amarissimi frutti, nonché in Olanda, Belgio e Lussemburgo, che avevano constatato il valore nullo della sovranità dei loro piccoli paesi...Messo da parte il capo della liberazione, le forze politiche francesi che assunsero la direzione della Quarta Repubblica si orientarono assai presto verso una politica estera europeista, vedendo in essa la sola possibilità di mettere su basi nuove le relazioni future, soprattutto con la Germania».
A. SPINELLI, Europeismo, in “Enciclopedia del Novecento”, vol. II, Roma, 1977
«Per gli americani però un’Europa efficacemente ricostruita, parte dell’alleanza militare antisovietica che costituiva il logico complemento del Piano Marshall - l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) istituita nel 1949 - doveva realisticamente fondarsi su una forte economia tedesca e sul riarmo della Germania. Il meglio che i francesi potevano fare era di intrecciare così strettamente gli interessi francesi e quelli tedesco-occidentali da rendere impossibile il sorgere di un nuovo conflitto tra i due vecchi avversari. I francesi proposero perciò la propria versione dell’unione europea nella forma della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (1950), che si sviluppò nella Comunità Economica Europea o Mercato Comune Europeo (1957), più tardi semplicemente designata come Comunità Europea e, dal 1993, come Unione Europea. I suoi quartieri generali erano a Bruxelles, ma il suo vero nucleo risiedeva nell’unità franco-tedesca».
E.J. HOBSBAWM, Il secolo breve, Milano, Rizzoli, 1994
«In questo clima fu approvato il 18 aprile 1951 il testo del trattato istitutivo della “Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio”, che, dopo il completamento dei processi di ratifica, entrò in vigore il 25 luglio 1952, con la immediata nomina di Jean Monnet a presidente dell’Alta Autorità della CECA stessa...Il trattato infatti si poneva esplicitamente come il primo passo verso il superamento di quelle rivalità storiche che avevano diviso l’Europa da sempre...L’Europa aveva pagato con il proprio declassamento internazionale e con l’autodistruzione l’antico prevalere della politica di potenza. Pur senza voler affermare che la politica di potenza cessasse per virtù di norme scritte in un trattato, è importante rilevare che questo trattato recepiva un sentire comune, secondo il quale nulla poteva giustificare i sacrifici di nuove guerre e tutto doveva incanalarsi entro l’alveo dei negoziati: all’interno di istituzioni o fuori di esse ma sempre in modo pacifico. La pacificazione fra la Germania e la Francia attraverso il trattato CECA era un primo segno, grazie al quale diventava possibile affermare che i rapporti fra i due paesi non sarebbero più divenuti una minaccia per la pace europea».
E. DI NOLFO, Storia delle relazioni internazionali (1918-1992), Roma-Bari, Laterza, 1994
«La tensione provocata dal blocco di Berlino nel 1948, dalla creazione delle due Germanie, dalle pesanti limitazioni all’attività industriale tedesca imposte dal Consiglio di controllo alleato era elevata. Relegare l’economia tedesca a una posizione di inferiorità non appariva realistico visto che, sin da allora, si cominciava a sentire la necessità di associare la Germania alla difesa dell’Occidente...Acciaio e carbone costituivano allora la base della potenza economica».
B. CEPPETELLI CAPRINI, La Comunità del carbone e dell’acciaio, in “Storia dell’integrazione europea”, vol. I, Marzorati, Milano, 1997
Trarre i dati e i concetti utili
Ripercorrendo i punti riassunti schematicamente dai brani di Spinelli, Hobsbawm, Di Nolfo e Ceppetelli Caprini possiamo preparare la seguente scaletta:
1. SPINELLI
Diffuso rifiuto del nazionalismo dopo il 1945, anno della fine della Seconda guerra mondiale e della Liberazione;
Spirito europeista nelle nazioni europee (quali, perché);
Ostacoli all’europeismo in Francia;
2. HOBSBAWM
Posizione degli Usa di fronte al problema della ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale (quali i loro timori, quali i loro obiettivi);
Funzione della Nato nella strategia degli Usa (=contenimento dell’influenza dell’Unione sovietica);
Atteggiamento degli Usa verso la Germania;
Atteggiamento della Francia nei confronti della Germania;
Unità franco-tedesca come nucleo della CECA;
3. DI NOLFO
Significato politico del trattato istitutivo della CECA;
4. CEPPETELLI CAPRINI
Importanza della Germania nel clima di “guerra fredda” tra Usa e Urss;
Caratteristiche della produzione industriale negli anni Quaranta.
Schema
Introduzione
All’indomani della Seconda guerra mondiale, per reazione ai danni derivati dalle politiche nazionalistiche (del fascismo e del nazismo) si sviluppa in molti paesi la volontà di unificare l’Europa. Il fenomeno è particolarmente rilevante in Italia e Germania, ma anche in Belgio, Olanda e Lussemburgo. Anche la Francia finisce per aderire al progetto, vincendo remore interne.
Argomentazione
Questo nuovo spirito europeista, che volgeva le spalle ad un passato di odi nazionalistici, si trova a fare i conti sia con l’eredità negativa di storici conflitti intestatali (soprattutto quello tra Francia e Germania) sia con il quadro internazionale caratterizzato dalla “guerra fredda” tra Urss e Usa. Con le sovvenzioni del Piano Marshall l’Europa occidentale ricostruirà le sue economie, ma a prezzo di una crescente dipendenza politica ed economica dagli Stati Uniti, che intervennero nei vari paesi europei occidentali sostenendo i partiti moderati filo-occidentali ed emarginando quelli comunisti e socialisti che facevano riferimento all’Unione sovietica.
Conclusione
La Guerra fredda, congelando le speranze aperte dal crollo del nazifascismo, condizionerà il processo di unificazione dell’Europa. Finirà per prevalere una versione economicista dell’europeismo, che condiziona tuttora la stessa esperienza dell’UE (Unione Europea).
Un possibile svolgimento del tema suddiviso in paragrafi :
Nella seconda metà degli anni Quaranta del Novecento vengono gettate le premesse per un deciso abbandono delle politiche nazionalistiche. Si era all’indomani della Seconda guerra mondiale, che aveva devastato il mondo (Si calcolano 71mila vittime etc...) e sconvolto gli equilibri mondiali. Il momento era assai favorevole e le speranze suscitate dalla fine del conflitto sembravano incoraggiare scelte di pace e di fratellanza tra i popoli. Il ripudio della guerra era forte non solo tra le popolazioni provate duramente da bombardamenti, fame e sfollamenti, ma anche nelle classi dirigenti dei vari paesi, rinnovate dalla partecipazione alla Resistenza e operanti nei nuovi governi usciti da quella esperienza di democrazia. Come sostiene giustamente Altiero Spinelli, che è oggi considerato uno dei padri fondatori dell’europeismo, partiti e governi si mostrarono in quegli anni molto sensibili ad una prospettiva di unificazione dell’Europa.
L’ideale europeista fu particolarmente sentito in nazioni come l’Italia e la Germania, che erano state costrette dalla sconfitta militare ad un duro risveglio e all’abbandono dei deliri nazionalistici. La crisi dei loro autoritari sistemi politici, le distruzioni subite dai loro apparati produttivi e l’impoverimento della vita sociale spingevano alla ricerca di soluzioni politiche sopranazionali (È possibile ampliare con esempi...).
Ma europeisti decisi erano anche Olanda, Belgio e Lussemburgo, la cui neutralità, calpestata sia nella Prima che nella Seconda guerra mondiale, si era mostrata troppo fragile. Queste nazioni vedevano perciò di buon occhio una coalizione con nazioni più potenti ma democratiche che le salvaguardasse da futuri pericoli.
Germania e Francia presentavano situazioni particolari. Esse erano le nazioni economicamente più sviluppate del continente europeo. La competizione tra loro era di lunga data; ed esse erano entrate numerose volte in conflitto tra loro ( Esempi possibili:...). La Germania era stata per ben due volte il principale focolaio di quelle tensioni che avevano portato ad un conflitto mondiale. Perciò i vincitori della Seconda guerra mondiale (Usa, Urss, Francia e Gran Bretagna) avevano deciso unanimamente di neutralizzarla, smembrandola e privandola di un proprio esercito. La Francia, poi, che prima della guerra era una grande potenza coloniale e che durante il conflitto aveva collaborato coi nazisti accettando di costituire una Repubblica di Vichy alle loro dipendenze, non poteva più pretendere quel ruolo di grande potenza coloniale svolto in passato (e infatti, nei decenni successivi perderà sia l’Indocina che l’Algeria) e doveva faticosamente adattarsi ad un ruolo subalterno. Le tensioni al suo interno si manifestarono ben presto con la contesa tra il leader della Resistenza francese, il generale De Gaulle, e il sistema dei partiti (comunista, socialista e repubblicano) affermatosi alla conclusione della guerra. De Gaulle era legato alla immagine della grandeur della Francia del passato, ostile al nuovo regime parlamentare (ad un “governo dei partiti”, come lo chiamava con sprezzo) e favorevole ad un sistema presidenziale. La Quarta Repubblica francese era fragile e, solo dopo le dimissioni del generale nel 1946 dal governo da lui presieduto, la Francia si orientò decisamente all’accettazione di una politica europeista, cercando come poteva di influenzarla a suo vantaggio.
I più forti ostacoli ad un’Europa politicamente rinnovata non verranno però dal Francia e Germania, ma dal nuovo quadro internazionale, che immediatamente dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale aveva visto spezzarsi l’alleanza tra le due maggiori potenze che avevano sconfitto il nazifascismo. Già quasi all’indomani della Liberazione (anzi per alcuni già con lo scoppio nell’agosto del 1945 delle due bombe atomiche sganciate dagli Usa su Hiroshima e Nagasaki, ufficialmente per stroncare il Giappone; per dare un avvertimento all’Urss, secondo alcuni storici) era, infatti, iniziata la “guerra fredda”. Era una guerra mai apertamente combattuta con le armi, ma altrettanto paralizzante e distruttiva delle speranze di pace e avanzamento della convivenza civile maturate soprattutto nei movimenti della Resistenza europea. Gli storici fanno risalire l’inizio della “guerra fredda” al lancio del “piano Marshal” avvenuto nel 1948 da parte degli Stati Uniti. Tale piano prevedeva consistenti aiuti economici e assistenza ai vari paesi europei per la ricostruzione dei loro apparati industriali e delle loro infrastrutture, ma condizionava il tutto all’accettazione di una politica filoamericana. Gli Usa volevano cioè contenere ogni mira espansionistica dell’Urss e neutralizzare l’influenza che l’Urss avrebbe potuto esercitare in Europa attraverso i partiti comunisti e socialisti (forti soprattutto in Italia e Francia) che alla “patria del socialismo” facevano riferimento.
La “guerra fredda” condizionò, dunque, l’andamento della riunificazione europea. E l’episodio del blocco di Berlino del 1948 (qui ricordato nel brano di Ceppelletti Caprini) fu il primo e uno dei più drammatici (si avrà poi la guerra di Corea tra 1950 e 1953) del nuovo clima di tensione istauratosi a livello mondiale. A Berlino, infatti, città che si trovava all’interno della zona controllata dai sovietici ma sotto la giurisdizione di inglesi e americani, questi vollero creare unilateralmente un governo provvisorio. I sovietici allora reagirono isolando la città dal resto della Germania, costringendo gli anglo-americani ad uno spettacolare ponte aereo per rifornirla di viveri. Di lì a poco, nel settembre del 1949, si arrivò alla definitiva spartizione della Germania in Repubblica democratica tedesca (RDT) filosovietica e in Repubblica federale tedesca (RFT) filoamericana. La “guerra fredda” impose rigide alleanze anche sul piano militare. Gli stati europei furono sollecitati a schierarsi apertamente o con gli Usa o con l’Urss quando, sempre nel 1949, gli Usa chiesero loro l’adesione piena alla NATO, cioè a quel Trattato del Nord Atlantico, che dal 1949 contrapporrà un blocco militare occidentale a quello dell’Urss e dei paesi dell’Est (L’Unione sovietica, infatti, rispose più tardi, nel 1955, con la costituzione del Patto di Varsavia).
La Germania divenne così il primo banco di prova nella contesa tra Usa e Urss. E, come sottolinea lo storico inglese Hobsbwam nel passo qui citato da Il secolo breve, gli americani fecero di tutto affinché essa recuperasse in pieno la sua potenza economica e venisse riarmata in funzione antisovietica. La Germania diventava così un modello per gli altri stati: un baluardo antisovietico sul piano militare e il perno assieme alla Francia della ripresa economica europea. A questa prospettiva filoamericana si adattarono ben presto i francesi e gli altri paesi.
Certamente l’approvazione il 18 aprile del 1951 della CECA (Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio), la cui presidenza fu affidata al francese Jean Monnet, può essere giudicata positivamente come un «primo passo verso il superamento di quelle rivalità storiche che avevano diviso l’Europa da sempre» (Di Nolfo). Si trattò effettivamente di una scelta sovranazionale, che simboleggiava la raggiunta alleanza tra due stati europei tradizionalmente ostili e bellicosi e disinnescava pericolosi rischi di conflitto. Ma un tale giudizio favorevole andrebbe attenuato. I rapporti fra Germania e Francia attraverso il trattato CECA allontanavano sì i fantasmi di nuove guerre promosse da qualche stato europeo, ma quel trattato era inserito nella nuova cornice mondiale tutt’altro che pacificata, proprio perché caratterizzata dalla “guerra fredda”. Si trattò, dunque, di una scelta positiva, se si guarda più alla storia della “vecchia Europa” che a quella mondiale che ora veniva modellata dallo scontro tra le due “superpotenze”.
In conclusione, si può dire che il processo d’integrazione europea nasceva in un certo senso azzoppato. La “guerra fredda” finì per congelare o frenare per decenni l’europeismo. Invece di una piena unificazione economica e politica di tutte le nazioni europee, come pareva attendersi quel sentire comune che, dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, era deciso a respingere ogni forma di guerra (anche “fredda”), si avrà un’unificazione innanzitutto parziale (l’amputazione della Germania orientale dal progetto europeista non fu cosa dappoco) e soprattutto limitata ad un coordinamento economico delle economie dei vari stati nazionali. Gli aspetti politici e sociali venivano posti in secondo piano. La CECA, infatti, da un punto di vista strettamente economico, fu un accordo importante e all’altezza dello sviluppo industriale del dopoguerra, essendo carbone e acciaio materie prime allora fondamentali per lo sviluppo industriale. Ma a quel «primo passo» non sono seguiti quelli indispensabili per integrare l’europeismo economico con quello politico e sociale. La successiva costituzione, con il trattato di Roma del 1957, della CEE (Comunità economica europea) o MEC (Mercato comune europeo) farà avanzare l’europeismo sempre sul piano economico e dentro l’alveo degli interessi americani. Il nuovo mercato fu, infatti, vantaggioso sicuramente per i paesi europei che vi parteciparono, ma fu anche uno sbocco sicuro per le merci americane. Molti osservatori hanno sottolineato che l’economia statunitense, rallentata dall’arresto della precedente produzione di guerra, ebbe un forte rilancio grazie al rapporto preferenziale con le economie dell’Europa. Le stesse difficoltà incontrate oggi dall’UE (Unione europea), che sta costruendo un’unità fondata soprattutto sul potere delle banche ma che stenta a diventare unità politica e sociale, sembra dimostrare che i nodi irrisolti dell’europeismo degli anni Quaranta del Novecento sono ancora difficili da sciogliere.